Il titolo dice già qualcosa: i problemi DEI figli.

Eh sì, perché la maggior parte delle volte, le difficoltà dei figli, i problemi che devono affrontare, sono i loro problemi, non del genitore. Ma i genitori si sentono in dovere di farsi carico dei problemi dei figli e questo comporta una serie di problematiche.

I problemi dei figli sono un’occasione

Quando un figlio è triste, arrabbiato o frustrato a causa di qualcosa, i genitori si preoccupano, ed è assolutamente normale. Il nostro istinto ci spinge a fare qualcosa per aiutarli a uscire da quelle ombre, perché non vogliamo vederli soffrire. Non vogliamo vederli tristi, perché ci fa stare male, e desideriamo che siano sempre sereni e sorridenti. Tuttavia, spesso, questa reazione ci porta a intervenire immediatamente per risolvere i problemi dei figli, senza renderci conto che così facendo potremmo ostacolare il loro percorso di crescita.

I problemi dei figli, infatti, sono parte integrante della vita. Sono occasioni di apprendimento, di scoperta di sé e di sviluppo di capacità fondamentali. Se ogni volta che i figli affrontano i problemi, li risolviamo per loro, rischiamo di trasmettere un messaggio sbagliato: “Non sei in grado di farcela da solo”. Questo può minare la loro autostima e la fiducia nelle proprie risorse.

Il genitore capace

Oggi, voglio condividere un pensiero importante: il genitore capace, non dovrebbe seguire la strada che spesso intraprendono i genitori, cioè quella di risolvere ogni problema dei figli per loro.

Per esempio, quando un bambino si lamenta perché si è rotta la matita, alcuni genitori la temperano subito o ne comprano una nuova. Ma così facendo, impediscono al bambino di imparare a trovare da solo una soluzione. È molto più utile chiedere: “Cosa possiamo fare?” e lasciare che attivino la propria creatività.

Lo stesso vale per gli adolescenti e i problemi dei figli. Quando un adolescente si arrabbia perché non sa come organizzare il pranzo, se gli dici subito cosa deve fare, stai comunicando: “Non credo tu sia in grado di farcela da solo/a”.

I problemi dei figli, siano grandi o piccoli, sono opportunità di crescita. Se li risolviamo sempre noi, rischiamo di creare una dipendenza emotiva e di far sentire i figli incapaci di affrontare la vita da soli.

Ricorda: i problemi dei figli sono parte della vita e insegnare loro ad affrontarli con serenità e autonomia è il vero obiettivo di un genitore. Perché, alla fine, il nostro compito è prepararli a vivere nel mondo, insegnando loro a gestire i problemi dei figli, senza paura e con fiducia in sé stessi.

Le emozioni negative dei figli ci fanno soffrire

Quando i bambini vanno in crisi perché non riescono ad allacciarsi le scarpe, se gliele allacci tu, il problema dei figli termina, il loro momento di crisi finisce, ma la volta dopo non hanno imparato ad allacciarsi le scarpe.

Se il bambino si annoia e tu ti inventi mille giochi per intrattenerlo, riesci a non fargli vivere la noia e la tristezza ma non riesci ad insegnargli a trovare un modo per vincerla attivando la propria creatività. La volta dopo, un’ora dopo o il giorno dopo, sarà di nuovo frustrato e annoiato, e tu dovrai attivarti ancora per trovargli qualcosa di divertente da fare per sentirti un bravo genitore che riesce a farlo stare sereno e felice.

Il bisogno di controllo e di sentirsi utili

Tutto ciò ha un vantaggio per molti genitori: questo modo di agire ha, per la maggior parte dei genitori, il grande pregio di far mantenere all’adulto il controllo. Risolvendo i problemi dei figli mantengono il potere, mantengono il ruolo di Dei onnipotenti che tutto sanno e che sono in grado di trasformare la frustrazione in gioia. Per ognuno dei problemi dei figli, il Genitore Dio Onnipotente ha una soluzione quindi, quel bambino, lo può guardare con occhi innamorati, grati e imploranti.

Se sei tu a trovare la soluzione ogni volta che il figlio ha una difficoltà, il primo messaggio che invii è: “Non sei capace e ci devo pensare io”. È un grande smacco per la sua autostima.

Il secondo messaggio è: “Hai bisogno di me”.

Per tanti genitori è molto appagante avere qualcuno che ha bisogno di loro perché fa sì che si sentano necessari. Contemporaneamente, questo significa che il loro figlio non è in grado di cavarsela da solo, non ne sviluppa le capacità, non possiede le risorse, è dipendente.

I figli possono approfittarsene

È comodo per un bambino avere dei genitori che provvedono a risolvere qualunque difficoltà. Una volta non esisteva il telecomando della TV e quando si voleva alzare il volume o cambiare canale, era necessario alzarsi dal divano e andare all’apparecchio TV. Quando inventarono il telecomando fu un enorme aiuto ma ha anche influito per renderci più sedentari e, se si ha bisogno di un fazzolettino, molti aspettano che passi qualcuno nei paraggi per darglielo senza doversi alzare.

La comodità è meravigliosa ma ci rende inoperosi.

L’accidia è uno dei 7 vizi capitali. Meno fai e meno faresti e se ho un genitore che si occupa di tutto, perché mai dovrei fare la fatica di impegnarmi? Se mia mamma mi fa i compiti perché dovrei farli io visto che mi richiede impegno e fatica?

Vale per ogni aspetto della vita di un bambino perché ogni cosa richiede un piccolo sforzo o un minimo di impegno. Quando i bambini entrano in questo vortice inizia un circolo vizioso perché meno il bambino fa e più problemi incontra, e più problemi incontra e più il genitore si propone come risolutore di difficoltà, ma più il genitore si adopera per risolvere ogni difficoltà e meno il bambino acquisisce la capacità di affrontare i problemi che quindi gli sembrano tutti irrisolvibili e va in frustrazione facendo intervenire il genitore.

I genitori agiscono con cattiveria?

I genitori che si danno da fare per aiutare i propri figli sono cattivi? Solitamente i genitori che si adoperano per risolvere ogni problematica dei figli sono mossi dall’amore, dal desiderio di vedere i propri figli sereni e felici. Di certo non agiscono con cattiveria.

Purtroppo, non sempre fare ciò che ci sembra meglio, è il meglio realmente.

I problemi di figli adolescenti

I genitori che intervengono aiutando i figli adolescenti sono animati sempre dallo stesso desiderio di poter contribuire, di poter essere d’aiuto, di poter stare al fianco quando i figli sono in difficoltà. Ma, vi siete chiesti se è veramente così? Con questo tipo di atteggiamento si è veramente utili ai figli?

Dobbiamo tener conto di 3 punti:

  1. L’adolescente non vuole il tuo aiuto. Vi siete accorti che nella maggior parte dei casi, quando dite loro cosa dovrebbero fare, come dovrebbero comportarsi, quale scelta prendere, vi si oppongono? Tu vuoi essere d’aiuto ma loro, il tuo aiuto elargito in questo modo, lo rifiutano. Vorresti poter contribuire ma se il tuo ottimo consiglio, per il solo fatto che sei tu a darglielo, lo rifiutano, hai fatto in modo che l’opzione migliore andasse “bruciata”
      
  2. Quando li aiuti si arrabbiano. Vogliono avere l’illusione di essere ormai grandi, di essere in grado di saper affrontare la vita da soli. Vogliono mettersi alla prova per dimostrare a se stessi, agli amici e a te, che non sono più dei bambini, quei mocciosi che correvano dalla mamma o dal papà ogni volta che cadevano. Non sono più quei bambini e lo possono dimostrare solo mettendo in atto ciò che arriva dalla loro iniziativa, non dalla tua. La tua proposta è un’intromissione e quando avviene è come se dicessi loro “sei ancora piccolo, troppo piccolo, non puoi farcela da solo” ed è un messaggio che la maggior parte degli adolescenti non può tollerare.

  3. Sentono mancanza di fiducia. Il tuo adoperati per risolvere il loro problema era la strategia che attuavi quando erano dei piccoli “non ABBASTANZA capaci”. Per la maggior parte degli adolescenti, è un segnale della tua mancanza di FIDUCIA nei loro confronti e nelle loro capacità.

Occorre agire con obiettivi diversi

Quindi un genitore, quando il proprio figlio ha un problema, non deve fare nulla e abbandonarlo a se stesso? Ovviamente no.

I genitori possono fare moltissimo quando i figli hanno bisogno d’aiuto e vedremo su cosa concentrarci.

Quando i figli sono tristi o arrabbiati per qualcosa che li affligge i genitori entrano in fibrillazione e fanno (più o meno) questo ragionamento: “Mio figlio/a è abbattuto/a perché ha un problema. Se io rimuovo il problema, non si sentirà più triste o arrabbiato/a. Sarà di nuovo felice grazie a me, quindi agisco e lo aiuto”.

Nelle situazioni di estrema gravità è proprio così che devi ragionare. Se tuo figlio viene bullizzato da alcuni compagni di classe, il problema è di una portata tale che devi intervenire al più presto.

Ma, ogni giorno abbiamo 1000 piccoli problemi da risolvere, mille scelte da fare e non sono tutte situazioni di estremo pericolo. In questo caso cosa dovremmo fare?

Ti faccio un esempio con i bambini e uno con gli adolescenti: il bambino, arriva con il faccino triste e dice: “Mamma, mamma, non ho più la punta alla matita!”. 3 possibili reazioni dei genitori:

  1. I genitori più volenterosi e meno funzionali, rispondono: “Dai, dammi qui la matita che ti faccio la punta così puoi tornare a colorare”. Il genitore ha agito per risolvere il problema senza tener conto che quel problema avrebbe dovuto risolverselo il bambino. Quel genitore si è sostituito al bambino nell’arte di saper trovare le soluzioni e agire per risolvere i problemi.

  2. Altri genitori, la maggior parte, dicono al figlio come agire: “Tempera la matita. Fai la punta nuova”. È meglio dell’esempio precedente perché il genitore non si mette a temperare la matita in prima persona ma, la capacità di trovare la soluzione, la attiva il genitore impedendo al figlio di svilupparla.

  3.  Il genitore “stimolante” come agisce? Potrebbe dire “Uh, caspita, povera matita. Cosa possiamo fare?” e attende che il bimbo si ingegni da solo trovando la risposta.

Come genitori dobbiamo fare l’enorme sforzo di tapparci la bocca. Lo so, siamo veloci, molto veloci.

La figlia dice “Domani sarò all’università tutto il giorno e devo capire come organizzarmi per mangiare” e il genitore d’istinto risponde: “Perché non ti porti dei panini?”.

Fateci caso quante volte diciamo ai figli come potrebbero agire. Per delle banalità. Un’infinità di volte: “Domani andiamo in centro con gli amici e non sappiamo come arrivarci” “Prendete i mezzi pubblici. Prendi il bus 5 e poi il 23”, oppure, “Ho discusso con il mio amico” “Parlaci e cercate di chiarire”.

 I genitori non devono occuparsi dei figli?

Ma allora sti poveri genitori non possono dire niente? Vedono un figlio triste o arrabbiato a causa di un problema e non possono fare nulla abbandonandolo al proprio destino? No. Affatto.

Il genitore attento smette di concentrare le proprie attenzioni sul problema e si occupa del/la figlio/a.

Cosa significa? Riprendo gli esempi di prima:

“Domani andiamo in centro con gli amici e non sappiamo come arrivarci” se mi occupo del problema rispondo “Prendete i mezzi pubblici. Prendi il bus 5 e poi il 23”, se mi occupo del/la figlio/a rispondo “Ho la sensazione che questo ti preoccupi, giusto? Come pensi di procedere?”.

Quando dice: “Ho discusso con il mio amico” se mi occupo del problema rispondo “Parlaci e cercate di chiarire” se invece mi occupo del/la figlio/a, rispondo “Vedo che la situazione ti rattrista molto, è così? Pensi di fare qualcosa?”. Con queste risposte non hai risolto i loro problemi ma hai mostrato sostegno, hai mostrato comprensione per il problema che stanno vivendo.

Se scegli di occuparti della persona, dei tuoi figli, ti occuperai di ciò che provano o di ciò che pensano al riguardo, senza intervenire nei confronti del problema.

Sai cosa avviene? Che i figli in questo modo si sentono capiti, si sentono compresi, si sentono in sintonia con il genitore e imparano a cavarsela da soli.

 

Fabio Salomoni