Da dove arriva la rabbia nel rapporto di coppia? Principalmente da 2 aspetti:
- c’è una rabbia dovuta al mondo esterno alla coppia dovuta ai problemi, alle difficoltà, allo stress, che prosciugano da ogni energia e si vorrebbe che all’interno del nucleo familiare tutto scorresse liscio, senza intoppi, senza il bisogno di parlare, di dire le cose. Si desidera e ci si aspetta che tutti agiscano facendo ciò che, secondo noi, è doveroso fare e nel modo che secondo noi è quello ottimale. Ogni volta che le cose vanno diversamente, ci si arrabbia perché cade l’aspettativa e si vive una sorta di tradimento delle aspettative. Ciò innesca la rabbia per la delusione e quindi, la rabbia verso le difficoltà del mondo esterno sfociano in rabbia all’interno del rapporto di coppia.
- c’è una rabbia che nasce all’interno del rapporto stesso e, di solito, è il risultato di una moltitudine di situazioni che si sono stratificate giorno dopo giorno, migliaia di “non detto” che ad un certo punto non si riesce più a far a meno di notare. Quello che fino a poco tempo prima si metteva sotto al tappeto, all’improvviso non si riesce più e ogni aspetto lo si nota dandogli spiegazioni sempre più negative, contro di noi, contro la famiglia, contro la correttezza, contro il principio etc. Le parole che sento più spesso da coloro che si rivolgono a me per riavvicinare il rapporto di coppia sono: “non c’è rispetto” (che non significa “mi insulta” ma “fa cose che sa che mi danno fastidio”, oppure “non pone attenzione a cose che sa che mi infastidiscono” il che viene vissuto come mancanza di rispetto. Un’altra frase che sento spesso è “è una questione di principio” e quindi la vita in casa, la vita di coppia, è suddivisa in ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Non importa la situazione, cosa avviene, come avviene, importa solo che si vive l’onta di vedere un “principio” che viene calpestato e non lo si accetta o non si è più disposti ad accettarlo.
Quindi abbiamo visto che: alcuni provano rabbia nel rapporto di coppia per cause esterne, mentre altri provano rabbia per continue mancanze commesse dal/dalla partner.
La rabbia è tua responsabilità
Occorre però sottolineare che la/il partner non ci fa arrabbiare. La/il partner non può farci arrabbiare. Gli altri non possono determinare ciò che proviamo.
I serpenti o i ragni: alcuni ne provano ribrezzo, altri ne provano fascino (tanto da averli in casa in una teca) i serpenti o i ragni non decidono quale stato d’animo innescare in noi e non creano né ribrezzo né fascino. Siamo noi che, guardandoli, facciamo determinate considerazioni e, a seguito di queste considerazioni, traiamo delle conclusioni che ci portano a provare un certo stato d’animo.
Osservate ciò che accade ai figli con la scuola: ad alcuni piace andare a scuola, altri la detestano ma la scuola è solo la scuola. È come la vive il ragazzo a determinare uno stato d’animo piuttosto che un altro. Non è la scuola ad entusiasmare e non è la scuola a far soffrire perché gli stati d’animo sono la conseguenza delle nostre considerazioni.
Allo stesso modo il/la partner potrebbe fare una certa cosa ma non è detto che debba necessariamente determinare rabbia. Se provi rabbia, o fastidio, o irritazione, è perché fai determinate considerazioni, perché dai determinati giudizi, perché inneschi in te quella irritazione, quel fastidio o quella rabbia.
Dobbiamo essere consapevoli di questo, altrimenti continuiamo a dare la colpa ad altri di qualcosa che ci auto-induciamo.
Certo, lo so, fin da bambini ci hanno inseganto ad addossare agli altri la colpa delle nostre emozioni e ci sembra normale che sia così: “mi fai arrabbiare” “mi fai star male” “mi hai ferito” e abbiamo dato per scontato che quella fosse la verità ma non è così, è una illusione per gettare la responsabilità sugli altri, è l’arte dello scaricabarile.
Potresti amare ciò che detesti
Qualche giorno fa sono stato da un amico che ha una grande cultura. Ogni volta che trascorro del tempo in sua compagnia ho la sensazione di aver ricevuto nutrimento. Sua moglie ha degli esami molto preoccupanti, è già stata operata e si inizia a prevedere che dovranno intervenire di nuovo. Mi ha detto 2 cose che confluiscono in un unico discorso:
“Alcune cose che una volta mi davano fastidio, mi irritavano, mi indisponevano, magari il tagliere lasciato sporco accanto al lavandino della cucina una volta mi faceva pensare <<Ma uffa, cosa ci vuole a togliere le briciole e non lasciarle qui, e mettere via il tagliere?>> innescando in me fastidio e rabbia”.
Questo pensiero è uno di quelli che, giorno dopo giorno, si stratificano e incrinano il rapporto. Ma oggi che la situazione è preoccupante, lui osserva quella “mancanza” o quel comportamento, con occhi diversi. Si è accorto che il pensiero che nasce ora quando trova il tagliere con le briciole è di tenerezza e gli nasce un sorriso. Mentre una volta lo viveva come una mancanza di rispetto nei suoi confronti, ora lo vive come un “gioco” tra loro e la moglie, lasciando il tagliere in bellavista vuole fargli sapere che ha mangiato qualcosa ma senza dirlo direttamente. Trova questo gesto tenero. Lo stesso gesto che una volta interpretava come irritante.
Il mio amico mi ha detto: “Che peccato che dobbiamo toccare la gravità della vita per vedere le cose con occhi diversi”
È davvero così importante?
Tempo fa, lo scrittore Baricco, fu ospite alla trasmissione “che tempo che fa” e concluse il suo intervento dicendo di avere capito che nella vita bisogna lasciar andare. Ha dovuto imparare che non bisogna prendersela sempre e per tutto, che non ne vale la pena, che è inutile, che non porta a nulla di buono e porta a molte cose negative prendersela sempre e per ogni cosa. Peccato che Alessandro Baricco, per imparare questa lezione, abbia dovuto vivere l’esperienza della leucemia.
Di fronte alle situazioni realmente importanti capisci che prendersela così tanto perché le ciabatte sono fuori dal ripostiglio non ne vale la pena.
Attenzione (perché conosco i miei lettori) non sto dicendo che si debba lasciar andare tutto in malora e ce ne dobbiamo fregare di tutto e di tutti. No, non dico questo.
Dobbiamo però imparare a spostare il confine del giusto/sbagliato, del male/bene, dell’accettabile/inaccettabile.
Il confine non va tolto ma va delineato con flessibilità così da saper essere un po’ più accoglienti.
Dobbiamo selezionare meglio le battaglie che meritano di essere combattute e farci scivolare addosso quelle di poco conto. Non si può essere intransigenti su tutto.
Trattenere non è utile
La rabbia: abbiamo detto che la rabbia all’interno della coppia è spesso lo stratificarsi di tanti “non detto” che ad un certo punto non si riesce più a sopportare. Quindi c’è da chiedersi perché ci siano tutti questi “non detto” tra partner.
La risposta che di solito viene data è: “Perché quando dico ciò che mi irrita, se la prende a male e si innesca una discussione”.
Quindi, per evitare la discussione, molti decidono di non dire nulla e, ad un certo punto, l’accumularsi dei “non detto” porta all’esasperazione, nasce l’avversione per il/la partner e il matrimonio va in malora: non mi sembra una buona strategia.
Se, per evitare di far stratificare le cose che non vanno, occorre parlare e chiarirsi tra partner, ma quando si cerca di chiarire si rischia di innescare uno scontro, la soluzione non è tacere ma imparare a dialogare senza solleticare la suscettibilità della persona che ami.
Ha imparato ad essere suscettibile
A questo punto faccio una tiratina d’orecchi ai genitori. Sì, perché il continuare a criticare “a fin di bene” (perché i genitori dicono questo: “faccio osservazioni, li critico, per il loro bene, così imparano e migliorano”) a cosa porta? Che i figli si sentono continuamente sotto tiro, sentono di essere continuamente sotto minaccia perché ogni cosa che dicono vien usata contro di loro.
Un dodicenne mi disse: “Quando dico a mio padre che non ho studiato mi sgrida, e se dico che ho studiato mi dice che dovrei ripassare per saperla ancora meglio, quindi sono sempre in difetto e criticabile”.
Questi figli come crescono? Con l’abitudine a doversi difendere. Se vivi 20 anni con dei genitori che giudicano, criticano, correggono e condannano, chi sta dall’altra parte impara che se non dice nulla è meglio. I figli imparano che ogni cosa che gli viene detta è una potenziale accusa da cui difendersi. Queste persone, quando crescono e diventano adulte, purtroppo continuano ad avere l’abitudine a difendersi perché scorgono l’accusa in ogni frase che gli viene detta.
Siamo tornati al concetto iniziale: ecco perché alcuni hanno l’abitudine ad INTERPRETARE la realtà in modo tale da auto-innescare in se stessi il fastidio, la rabbia, il rancore.
Ogni volta che colpevolizzi qualcuno
La rabbia è un’emozione che si prova quando un nostro bisogno non viene soddisfatto.
Quando un tuo bisogno non viene soddisfatto il cervello si chiede immediatamente “di chi è la colpa?” e cerca il colpevole.
Se la risposta che ti dai è “io”, è molto probabile che questo inneschi in te il senso di colpa o di vergogna. Se invece la risposta che ti dai è “lui” o “lei”, allora è molto probabile che inneschi in te la rabbia rivolta contro quel colpevole.
Quindi la rabbia è uno stato d’animo che facciamo nascere in noi stessi ogni volta che individuiamo un colpevole al di fuori di noi stessi per un nostro bisogno non realizzato o soddisfatto.
I bisogni possono essere i più vari: magari nutro dentro di me un profondo bisogno di sincerità e provo rabbia perché sono venuto a sapere che mi ha nascosto alcune cose. La rabbia non la crea chi omette delle informazioni ma me la innesco io perché dico a me stesso che “Lui (o lei) è colpevole di non aver sodisfatto il mio bisogno di sincerità”. Poco importa se l’altra persona ha omesso qualcosa per tutelarmi o non farmi soffrire (quindi, a fin di bene), o magari non ha riferito perché se ne è dimenticato/a ma, nel mio cervello vedo solo la sua colpa perché, dal mio punto di vista è responsabile della mancata soddisfazione del mio bisogno di sincerità.
La vita di coppia è una danza sul filo sospeso. Ogni azione e ogni momento determinano un cambio degli equilibri e occorre acquisire l’abilità di modificare continuamente la propria posizione per riportare un sereno equilibrio.
Fabio Salomoni

