Desidero iniziare l’articolo di oggi sottolineando che alcune domande, come quella del titolo, separarsi o sopportare, sono le vere decisioni della vita.

Spesso le persone sentono di avere un problema nonostante le opzioni per poter prendere una scelta siano semplici da guardare e valutare.

Se facessimo una lista di pro e contro sul tema separarsi o sopportare, mi rendo conto che molti avrebbero molto da scrivere da entrambe le parti al punto che, diverse persone, non prendono decisioni e proseguono giorno dopo giorno con la vita che stanno vivendo e con molte recriminazioni, lamentele e sofferenze.

Non affrontano il cambiamento a meno che non siano certi/e che il cambiamento porterà loro netti miglioramenti.

Purtroppo, non è possibile agire sapendo per certo che la decisione porterà immensa gioia e felicità. Questo lo scoprirai vivendo il futuro.

Le decisioni più difficili sono quelle che nelle opzioni non trovano la soluzione ottimale e quindi si decide per la “meno peggio”, cioè quella scelta che ti permette di allontanarti dal male peggiore.

Fatta questa premessa, quindi la risposta è “separarsi!”? No e scoprirai cosa considerare per decidere.

Separarsi immediatamente

Certo, ci sono situazioni dalle quali dico “fuggi”, allontananti il più rapidamente possibile.

Se hai un/a partner che è minaccioso/a, aggressivo/a, sia verbalmente che fisicamente, ti svilisce in continuazione trattandoti male come se non contassi nulla, allontananti.

La vita di coppia non può essere accettata con questo tipo di rapporto perché significa vivere senza vivere.

Una persona che sta svolgendo un percorso personalizzato con me, ha espresso questa metafora e la trovo straordinaria: “In casa è come se ci fosse una bomba a orologeria, in ogni istante sento il ticchettio che mi preoccupa, mi allarma, mi tiene in tensione costantemente, perché la bomba, da un momento all’altro, potrebbe esplodere”.

In questi casi si fa di tutto per evitare che la bomba esploda. Si fa di tutto per evitare che si possa innescare l’ordigno ma, la verità è che non puoi prevedere e anticipare ogni possibile innesco perché la causa non sei tu, o non sono i figli. La causa è quella persona che ha bisogno di sfogare la propria frustrazione e quindi cerca e trova un cavillo, e se non lo trova lo crea, per poter dire che quel che fa non è colpa sua ma tua.

Ecco, chi vive situazioni come questa deve allontanarsi, scappare, fuggire, perché vivere in queste situazioni non è vivibile, è uno stress incredibile che giorno dopo giorno macera le cellule del corpo e si trasforma in malattia.

So che non è facile andarsene, non sono fuori dal mondo, sento, vedo, leggo e parlo con diverse persone che hanno vissuto situazioni di questo tipo. È facile dire “vattene” a parole, ma la cosa non è così semplice e per questo è necessario rivolgersi a centri, che sono preparati nell’affiancare in queste scelte aiutando ad occuparsi di ogni aspetto.

L’alibi dei figli

Molto spesso mi viene detta questa frase: “Non me ne vado di casa per i figli”

È un alibi. È una scusa.

Crediamo veramente che far crescere i figli in un ambiente di poco amore, dove gli scontri sono quotidiani, dove ci si parla a stento, sia utile? Pensiamo li aiuti a crescere sereni? Pensiamo non crei delle ferite? Crescere in un ambiente dove regna la tensione tra i genitori pensiamo non formi nelle menti dei figli dei pensieri distorti su come dovrebbe essere un normale rapporto di coppia?

Spesso, quando ci sono attriti tra i genitori, i figli sentono crescere in sé una rabbia data dal fatto che pensano di essere la causa dei litigi degli adulti. Crescere con questo tipo di pensiero non è semplice e non aiuta nella costruzione di un futuro adulto felice.

Certo, come ho già detto, spesso andarsene è difficile. Vuol dire andare oltre i ricatti emotivi che lui o lei cercano di esercitare, significa far fronte alle pressioni che cercano di esercitare.

Non è facile, ma non si può nascondere la propria paura al cambiamento dietro la frase “lo faccio per i figli”. In queste situazioni, i figli, non crescono nel migliore dei modi, anche se vogliono bene ad entrambi, anche se la separazione non la accoglieranno con gioia e felicità. Il loro bene è crescere nella serenità, non certo restare immersi in un ambiente in tensione e sensi di colpa.

L’obiettivo del separarsi o sopportare

L’obiettivo non dovrebbe essere “evitare di separarsi” ma dovrebbe essere “vivere felici e sereni”.

La stella polare da seguire dovrebbe essere la felicità e se per raggiungerla dovesse essere necessario interrompere un percorso di coppia, così sia.

Molti accantonano l’opzione “separazione” come se fosse un’onta da evitare per non innescare le male voci di parenti e conoscenti. Altri non prendono in considerazione la possibilità di una separazione per credenze religiose. Lo capisco, ma come potrebbe un qualunque Dio desiderare di imporre di vivere nell’astio quotidiano il resto della propria vita?

A mio avviso è necessario compiere ogni azione possibile per riportare serenità all’interno della coppia (è quel che faccio ogni giorno con le persone che si rivolgono a me), ma occorre essere aperti ad ogni possibile opzione qualora le distanze fossero incolmabili.

Separarsi o sopportare? Il fattore figli

Se si hanno dei figli e si decide per la separazione è chiaro che per loro sarà un duro colpo.

Spesso è un duro colpo anche perché i genitori litigano tra loro e usano i figli come strumento per colpirsi a vicenda facendoli sentire usati e colpevoli, più che amati.

Ho avuto diversi genitori separati che hanno deciso di fare un percorso con me per capire come rapportarsi con i figli dopo che si erano separati. Spesso i figli elaborano la separazione a proprio modo e arrivano a conclusioni errate che li inducono a cambiare il proprio atteggiamento con la madre o con il padre. Talvolta diventano più distaccati o scostanti, o mostrano di nutrire rabbia nei loro confronti. Per evitare che questo avvenga, o per recuperare la situazione, è possibile fare tutta una serie di azioni per ripristinare un corretto rapporto nonostante i genitori si siano separati.

Come dico spesso, i figli meritano sempre di avere la convinzione d’avere genitori capaci e che li amano. Il padre potrebbe non essere un buon padre, la madre potrebbe non saper fare adeguatamente la madre, ma i figli meritano di poter credere e pensare di avere due genitori all’altezza del loro compito. Non è compito dell’altro genitore far notare che si sbagliano e che l’altro/a è in realtà un/a incapace.

Decidere di separarsi o di sopportare?

Torno al titolo: separarsi o sopportare?

Ogni volta che una coppia inizia con un me un percorso di riavvicinamento, chiedo loro: “Perché volete fare questo percorso? Chi ve lo fa fare?”

Un percorso richiede tempo, soldi e impegno. Si possono raggiungere risultati straordinari ma devi dedicarci un po’ di tempo e voglia perché la magia si verifichi. Se non si è motivati, se non c’è qualcosa che spinge ad impegnarsi, tutto naufragherà perché non si applicheranno nel mettere in pratica ciò che c’è da fare o la faranno con poca dedizione.

Ecco perché è importante sapere: “Ma chi te lo fa fare? Ma ne sei sicuro/a?”

Qual è la risposta che probabilmente porterà al successo? “Lo voglio fare perché NONOSTANTE TUTTO, qualcosa ancora lo provo, perché NONOSTANTE TUTTO mi piacerebbe che le cose tra noi si rimettessero al meglio. Perché NONOSTANTE TUTTO, una scintilla di speranza ancora è accesa”.

Quel “nonostante tutto” mi piace, perché è una frase che è consapevole delle difficoltà che si stanno attraversando. In genere è detta da chi si rende conto che si sta navigando in acque agitate ma, se c’è una tenue scintilla di speranza, se sente che un sottile filo ancora li lega con l’altra persona, allora si può fare molto.

La risposta alla domanda del titolo, in tutti questi casi, è “resisti, sopporta, perché piano piano verrai ripagato/a delle fatiche”.

È chiaro che coloro che mi dicono “la detesto” oppure “lo odio” e anche, è capitato che mi dicessero: “La sua sola presenza mi dà il voltastomaco” e ci si chiede quando potrà mai riprendersi un rapporto che è arrivato a questi livelli? Quante possibilità ci sono che l’odio si trasformi in amore? Credo ben poche, lo dico in totale onestà.

L’importanza dell’essere onesti

So che molti miei colleghi, pur di accaparrarsi dei clienti, direbbero “Ma no, si può fare tantissimo e ricreare l’amore di un tempo”. A mio avviso, sinceramente, quando una persona mi dà il voltastomaco, se tutto va bene ad un certo punto della vita riuscirò a rendermela indifferente e non mi farà più torcere le budella ma, ricreare un sentimento che renda la coppia unita, lo dubito fortemente.

In questi casi “separarsi o sopportare?” la risposta che do è separarsi, tornare a vivere, ritrovare la gioia, assaporare il piacere di stare accanto a una persona che invece del risentimento ti susciti fiducia e appagamento. La vita è breve e merita di essere vissuta con felicità o, per lo meno, senza l’odio o il ribrezzo costanti e giornalieri.

Agire il più presto possibile

Il grande problema, se il risentimento arriva a livelli intollerabili, è che si aspetta troppo a metter mano al proprio rapporto. Agendo in questo modo si finisce con l’arrivare all’odio, al risentimento, alla rabbia, al rancore, al detestarsi, al ribrezzo.

Quando arrivi li, sei ad un punto di “non ritorno”, ma prima?

Non è che si passi improvvisamente, nel giro di 20 minuti, da un rapporto appagante ad un rapporto che detesti. Ci si impiega del tempo. Quell’agire che noti e che ti dà sempre più fastidio, quella frase che ti ha detto e che ti ha offeso risuonandoti nella testa, quel suo modo di parlarti che ad un certo punto inizia ad irritarti, quel suo atteggiamento che ti infastidisce. Più te ne accorgi, più lo noti, più lo sottolinei nella tua mente ogni volta che avviene e più la tua insofferenza aumenta.

Quella sua abitudine che ti accorgi essere così diversa da quel che faresti tu e che ogni volta ti pesa sempre più. Quella risposta data ai figli che secondo te era fuori luogo e accorgendoti che è una costante. Quel modo di non darti ciò di cui hai bisogno che genera in te una frustrazione quotidiana. Ecco, tutte queste cose si sommano e stratificano giorno dopo giorno e trasformano l’opinione che hai sul vostro rapporto.

Quando si è in questa fase si può fare moltissimo per rimediare.

In questa fase stai ancora raccogliendo nella tua mente i dati per capire quanto siete compatibili. In questa fase ti accorgi che ogni giorno vi allontanate di qualche centimetro, ma non siete ancora a chilometri di distanza. Qui si può ancora invertire la rotta, se lo si vuole, se si pensa che ne valga la pena, se si ritiene che sia importante, giusto o necessario farlo.

Tu cosa decidi di fare?

A conclusione della domanda del titolo a cui dare una risposta: “separarsi o sopportare?” la risposta che mi sento di dare è: dipende dal punto nel quale vi trovate.

C’è solo una grande verità: meriti la felicità. Ognuno la merita, ma la felicità non la puoi ottenere sperando e aspettando che sia l’altra persona a creartela.

Mia mamma ha vissuto con la convinzione che siamo al mondo per soffrire. In ogni sua decisione e scelta è spesso andata nella direzione della sofferenza. Io, ad un certo punto della mia vita, mi sono convinto che siamo al mondo per stare bene, per essere soddisfatti.

Sto bene in coppia se mia moglie collabora con me favorendo la soddisfazione dei miei bisogni, e lei è appagata dal rapporto di coppia se io riesco a collaborare con lei nel soddisfare i suoi bisogni.

“Venirsi incontro” significa questo.

 

Fabio Salomoni