Smettere di giudicare nella coppia è fattibile, ma bisogna prima capire quali sono i motivi che maggiormente portano ai dissidi all’interno del rapporto, cioè:

Smettere di giudicare nella coppia: Le Aspettative

Le aspettative ci fanno costruire un mondo ideale.

La mente va nel futuro e immagina, ipotizza, in che modo la situazione dovrebbe evolvere, come gli altri dovrebbero comportarsi e cosa dovrebbero dire.

La magia della nostra immaginazione crea splendidi quadri e, i colori con i quali facciamo il componimento, sono i nostri valori e le nostre convinzioni; in base ad essi, crei un certo tipo di scenario di come le cose dovrebbero andare perché tutto sia nel giusto.

Quando questo non accade, ecco la delusione dell’aspettativa infranta.
La frustrazione dell’aspettativa.

Smettere di giudicare nella coppia: Il Giudizio

Il secondo motivo di grande dissidio è il giudizio.
Anch’esso è frutto di una nostra costruzione.
Tutto avviene nella nostra mente.

Ciò che riteniamo essere giusto o sbagliato, ciò che ci sembra ovvio o che ci appare come inaccettabile sono la conseguenza di considerazioni che ci sembrano obiettive e incontrovertibili, ma non sono altro che il nostro punto di vista.

Il bello e il brutto delle convinzioni è che ci sembrano così giuste, da non sentire il bisogno di metterle in discussione.

Quindi, sulla base dei nostri valori e delle nostre convinzioni creiamo la mappa del nostro mondo, definiamo ciò che è bene e male, ma scordiamo che è ciò che è bene o male “secondo noi”, non in assoluto. Scordiamo che è un “giusto” o “sbagliato” dal nostro punto di vista.

In questo modo creiamo il nostro giudizio.
Sentenziamo.
Accusiamo.
Scriviamo sulla lavagna i nomi dei buoni e dei cattivi.
Proprio come a scuola, quando il designato a scrivere sulla lavagna i buoni e i cattivi durante l’assenza dell’insegnante, teneva conto solo di ciò che gli pareva: magari uno dava un calcio alla sedia della bimba seduta al banco davanti e lei si girava per dirgli di smetterla, perché si comportasse bene e lasciandola in pace, ma ecco che il guardiano la vedeva parlare, voltarsi, e scriveva il suo nome sulla lavagna.

Il “guardiano” dal suo punto di vista faceva bene. Aveva ragione. Era un atto dovuto.
Ma aveva tenuto conto solo di una parte della realtà.

Quindi, la prima considerazione da fare è che quando giudichi devi essere consapevole che la tua posizione è solo un punto di vista, non è la certezza di giustizia.

Devo sempre giustificare il suo comportamento?

Se tengo conto del fatto che gli altri hanno una propria visione della realtà e che potrebbero avere la loro parte di ragione, allora è tutto giustificabile e si rende tutto lecito?

Ovviamente no. Ma occorre stare attenti quando si usano generalizzazioni come “tutto”: “è tutto giustificabile”.

No, occorre distinguere quando dobbiamo tener fede ai nostri valori e quando, invece, considerare che ciò che per noi è così, forse, per altri non lo è.

La vita non è fatta solo di situazioni bianche o nere.
La vita è fatta di sfumature di ogni colore.

Praticare il “non giudizio”

Ogni pratica yoga parla di non giudizio.
La mindfulness parla di non giudizio.
In alcune situazioni anche la PNL parla di non giudizio, ma mi chiedo se siamo realmente in grado di esercitare il non giudizio?

A mio avviso no.
Forse, dopo anni e anni di meditazione e lavoro su di sé alla ricerca di un controllo totale del proprio spirito e del proprio pensiero, si può arrivare al non giudizio, ma il panettiere, la segretaria, il commercialista, la dottoressa, il casalingo, hanno troppi impegni e scadenze per potersi dedicare ad una profonda ri-educazione della propria mente.

Smettere di giudicare e accusare nella coppia

Occorre un espediente.
Un metodo.
Un aiuto che ci consenta di andare oltre l’inevitabile giudizio che sorge istintivamente. Un’espediente per aiutarci a smettere di giudicare.

Questo avviene attraverso alcune fasi che possiamo e dobbiamo mettere in atto consapevolmente.

Istintivamente ci verrà di giudicare e impegnarci perché questo non accada più lo trovo un’inutile perdita di tempo.
Meglio, a mio avviso, rivolgere il proprio lavoro su cosa fare dopo l’inevitabile giudizio:

  1. Consapevolezza
    Rendersi conto che stiamo giudicando.
    A volte basta una piccola frase come: “è il mio giudizio”

  2. Umiltà
    Occorre ricordare a sé stessi che il nostro giudizio è solo il nostro punto di vista: “è il mio giudizio ed è solo dal mio punto di vista, solo secondo le mie certezze”

  3. Accettazione
    Infine occorre accettare il fatto che possano esserci anche altri punti di vista che portano a considerazioni diverse “è il mio giudizio ed è solo dal mio punto di vista, solo secondo le mie certezze, e potrei non tener conto di alcuni aspetti”

Il che non significa essere d’accordo con quanto hanno fatto o pensato gli altri.
Non sei d’accordo ma accetti il fatto che si possa avere un punto di vista differente dal tuo.

Il non giudizio applicabile

Il non giudizio, per come lo intendo io, non è assenza di giudizio ma accettazione del fatto che possano esserci punti di vista, posizioni, considerazioni e valori diversi dai miei e, non per questo, sono sbagliati.

Certo, per me possono essere sbagliati ma, per l’altra persona, è sbagliato il mio.

Mi viene in mente una vignetta che ogni tanto mi compare su facebook e instagram, di due persone, posizionate una di fronte all’altra, e entrambi guardano e indicano il numero 6 o 9 scritto a terra. Uno, con decisione, afferma che sia un sei e quello di fronte con altrettanta convinzione afferma che sia un nove.

Giudicare è sbagliato?

Cercando in internet si trova la risposta alla domanda “perché giudicare è sbagliato?” ed è interessante, perché nella domanda c’è già un giudizio: giudicare è sbagliato.

Il grande problema del giudizio è che, in molti casi, sposta la nostra osservazione verso l’esterno invece che costringerci a guardare verso noi stessi.

Spesso, il giudizio, è una cortina di fumo, è un gioco di prestigio che compie la nostra mente per distrarci indirizzando la nostra osservazione su qualcosa che è al di fuori di noi.

Fintanto che siamo occupati a giudicare gli altri, non stiamo occupandoci di noi e, poiché non possiamo intervenire sul cambiamento altrui, in qualche modo stiamo accettando l’inevitabile, stiamo seminando per la non azione.

Certo, mentre giudichi ti arrabbi.
Quando giudichi contro le sue azioni provi e mostri indignazione e costernazione, ma nulla che si possa fare perché le cose cambino, perché non dipende da te, dipende dall’altra persona, che è colpevole, brutta, cattiva, carnefice.

Siamo arrabbiati e ci mettiamo al riparo dal metterci in discussione.

Quando interrompi questo processo, ti metti al centro, non rivolgi più la tua attenzione sull’esterno, non perdi più tempo a stilare l’elenco dei buoni e dei cattivi, non perdi più tempo a fare l’elenco delle sue mancanze e colpe.

Solo a questo punto inizi a pensare cosa devi fare tu per cambiare le cose e per modificare la tua realtà perché diventi migliore.

 

Fabio Salomoni