Con il trascorrere degli anni e il passare delle generazioni, siamo passati da una educazione di tipo autoritaria ad una educazione di tipo autorevole. Fino ad arrivare ad essere anche amici dei figli, e non solo genitori.
Oggi, persino sul luogo di lavoro il “capo” autoritario è passato di moda e solitamente abbassa il rendimento di collaboratori e dipendenti a causa di un pessimo rapporto, poco stimolante e pertanto, demotivante. Figuriamoci allora se si può pensare, in famiglia, di avere ancora un rapporto genitori-figli di tipo autoritario, dove uno ordina e gli altri eseguono, senza se e senza ma, creando un rapporto gerarchico e, magari, pretendendo il “voi”.
Coloro anche solo si avvicinano ad un rapporto di questo tipo, tendono a crescere figli con una bassa autostima, remissivi e con poca iniziativa, oppure ribelli, intolleranti a qualunque forma di autorità.
Genitori autorevoli
Siamo così passati ad un rapporto genitori-figli di tipo autorevole, più amichevole, privo di convenevoli e decisamente più empatico.
Il problema è che si sta rivelando molto più complicato stabilire i confini tra l’essere amici e l’essere genitori.
Un rapporto autoritario è più semplice: tu ordini, pianifichi, decidi e i figli, come soldatini, devono accettare senza mettere in discussione.
Ma un rapporto autorevole è fatto di sensibilità e non può avere linee di demarcazione nette.
Il genitore autorevole stabilisce le regole, non concede tutto e sempre, sa quando essere fermo sulle proprie posizioni e quando accondiscendere alle richieste e chiudere un occhio.
Ecco la difficoltà: chi ha ben chiaro il ruolo genitoriale sa districarsi tra la flessibilità del ruolo autorevole, mentre coloro che non hanno ben chiaro il ruolo genitoriale, senza regole certe e intransigenti, si sentono in balia degli eventi.
Alcune mail che ricevono mi chiedono “Come posso far capire a un figlio che il nostro non è un rapporto di amicizia ma di genitore-figlio?” ed è chiaro che in un rapporto di grande complicità, è facile che si faccia credere al figlio che si è amici ma, poi, le situazioni portano a momenti di difficile gestione.
Cosa preoccupa realmente un genitore
Parto da un punto di vista differente da quello che si usa di solito quando si affronta questo tema.
Solitamente, alla domanda “come posso far capire al figlio che c’è un confine tra amico e genitore?” si risponde dando delle indicazioni “agisci così” “digli così” “fai così” etc. ma, come sempre, stiamo puntando il riflettore sul bambino.
Io punto sugli adulti, sui genitori, e ti chiedo: cosa ti preoccupa? Qual è il problema? Perché senti la necessità di porre una domanda di questo tipo?
La risposta che si solito ottengo è che non ci piace avere poi lo scontro con i figli, vedere la delusione sul loro volto, notare la loro reazione di sgomento e di crollo delle aspettative, etc.
Ma, tutto questo, parte dall’errata idea che, per essere un bravo genitore, una brava mamma o papà, non dovresti mai far soffrire tuo figlio.
Quindi la domanda ha lo scopo di trovar delle soluzioni per anticipare, per prevenire la loro amarezza o delusione perché crea in noi imbarazzo e senso di malessere.
Ma è un approccio sbagliato.
Il bravo genitore non è quello che non fa soffrire il figlio; il bravo genitore è quello che fa ciò che deve per il bene del figlio, e a volte, il bene del figlio, ha la spiacevole conseguenza di fargli provare fastidio o rabbia o amarezza… e chi se ne frega.
Certo, ci spiace.
Certo vorremmo essere sempre fonte di gioia e felicità per i figli. Ma chi se ne frega se il nostro no li delude. Se quel no è motivato, se è per la sua incolumità o per il suo bene, lascia che viva la delusione. È un buon insegnamento anche quello.
Amici e genitori dei figli, ma qual è il confine?
Il confine tra l’essere amico e l’essere genitore non c’è.
Se sei genitore non puoi e non devi essere amico dei tuoi figli.
Devi essere amichevole, non amico.
Devi instaurare un rapporto genitore amichevole-figlio.
Un rapporto con i propri figli di tipo amichevole-genitoriale lo stabilisci attraverso le regole ed il rispetto delle regole, attraverso i limiti ed il loro rispetto, il confine lo determini attraverso la tua capacità di essere congruente, il tue essere genitore amichevole o eserciti attraverso una fermezza serena.
In quanto rapporto amichevole, e a differenza di quanto accadeva in epoche precedenti, puoi vivere momenti insieme, puoi fare cose insieme, puoi divertirti insieme, puoi giocare insieme,fino a che non dici basta. Fino a quando non si raggiunge il limite che il genitore non ha stabilito e comunicato in precedenza.
E quando il genitore dice basta è basta. Stop. Fine.
Ecco il confine: “Gioco con te come fossimo due amici e, inoltre, stabilisco i limiti come un buon genitore”.
So bene che tuo figlio avrebbe voluto continuare, e magari tu decidi di assecondarlo ancora un poco ma, raggiunto il confine ultimo e invalicabile, gli comunichi con dispiacere ma con fermezza, che oltre non si può andare oltre, perché i limiti sono utili tanto quanto la gentilezza.
Stabilisci le regole, valuta la situazione, falle osservare.
Amici e genitori dei figli: sei causa della delusione loro delusione?
E se in loro c’è contrarietà o delusione, accettalo, accetta i suoi occhietti tristi, digli che ti spiace per la sua delusione (quindi mostri la tua attenzione per le sue emozioni) e poi digli che è così, che gli piaccia o che non gli piaccia, perché tu non sei il suo amico.
In conclusione, amici e genitori dei figli, sì o no? La mia risposta è NO.
Non sei mai il suo amico. Tu se il genitore. Sempre.
Genitore amichevole, genitore gentile, genitore con cui si diverte. Genitore con cui condivide. Ma mai amico, sempre genitore, perché stabilisci dei limiti, cosa che l’amico non fa.
Quindi, il problema non è fargli capire quando sei genitore e quando sei amico: il problema è accettare, noi genitori, che possiamo essere fonte di frustrazione per i nostri figli.
Accetta il fatto che non sarai fonte di delusione perché provi piacere nel deluderli (saresti sadico) ma perché sappiamo dove sono i confini che non devono oltrepassare.
Quindi il loro dispiacere è a fin di bene: forse non lo comprendono ora, ma lo capiranno con il tempo.
Tu semina sempre per il loro meglio, non per inseguire la loro gioia a tutti i costi.
Fabio Salomoni