Cosa fare se hai figli che subiscono angherie? Come gestire i piccoli conflitti tra compagni? Come comportarsi e cosa dire ai propri figli quando un compagno di classe gli fa spesso dei dispetti (gli rompe le matite, gli nasconde il righello, gli taglia le pagine di un libro o di un quaderno, etc)?

I bambini sono furbi e nella maggior parte dei casi riescono a non farsi vedere dagli insegnanti quando commettono questi atti vandalici.

Altre volte invece, quando il bambino che subisce gli “scherzetti” va dalla maestra lamentandosi, riceve come risposta “smettetela”, e vedremo che non è la risposta più opportuna.

Con il ripetersi di questi gesti e la sofferenza di chi li subisce, si inizia a parlare di atti di bullismo ma in molte scuole, è un argomento che si affronta solo al 5° anno.

Quasi tutti i genitori che si trovano in questa situazione decidono di parlare con il bimbo che commette questi gesti: in tono molto amichevole, gli si chiede come mai questi comportamenti ma le risposte che si ottengono sono solitamente incomprensibili e spiazzanti. Molto spesso non è molto meglio neppure parlare con i rispettivi genitori.

Quindi, tuo figlio stesso, in questi casi ti chiede: “Mamma, ma cosa devo fare quando lui mi fa così?”

Dici a tuo figlio di reagire con violenza alle provocazioni ricevute?

La situazione che ho descritto è molto più frequente di quanto si pensi.

In questi casi, decidere come intervenire non è semplice e molti genitori mi scrivono che avrebbero tanta voglia di consigliare ai figli di dare un pugno sul naso a chi si comporta con loro figlio in questo modo ma, ogni volta rispondo loro che poi finisce lui dalla parte del torto e con ogni probabilità verrebbe etichettato come violento o attaccabrighe.

 Inoltre, chi non ha un’indole litigiosa, se si difende usando le mani finisce che si fa male, oppure finisce che usa smodatamente la propria forza e potrebbe creare delle conseguenze inimmaginabili all’altro bambino e sono tutte situazioni da evitare nel modo più assoluto.

Io non ho mai fatto a pugni in vita mia. Sia da bambino che da ragazzino, ho sempre cercato di portare le divergenze sul piano del confronto, della spiegazione, nonostante, fino ai 12-14 anni, fossi tra i più alti e grossi in classe e quindi avrei potuto esercitare una “prepotenza” fisica… ma non faceva parte della mia indole, non ero capace di “fare a botte”, le avrei prese da chiunque, e quindi dovetti  trovare una soluzione diversa.

Un genitore che consiglia al proprio figlio di reagire restituendo “pan per focaccia” viene meno al proprio ruolo genitoriale educativo.

La violenza non va proposta perché non è la soluzione.

Tuo figlio subisce angherie: 3 punti di vista

Affrontiamo il tema da 3 punti di vista:

  1. Il bambino dispettoso
  2. Le istituzioni
  3. Tuo figlio

1) Il bambino dispettoso

Iniziamo con l’osservare la questione prendendo in esame il bambino che ha preso di mira tuo figlio.

Solitamente è il compagno di classe: lo conosci, conosci i suoi genitori, magari hai visto i 2 bambini giocare insieme più di una volta dopo la scuola, quindi, come prima cosa, hai provato a parlargli ma ti sei accorta che non è servito a nulla.

Gli hai spiegato che non si fa, gli hai spiegato che è sbagliato, hai provato a farlo ragionare sul suo comportamento ma, anche se ti ha dato ragione, il suo comportamento non è cambiato.

Del resto, osserviamo come si comporta la maggior parte degli adulti: quando hanno un’abitudine di pensiero o di comportamento, anche se gli si spiega che è sbagliato, che è nocivo, che devono cambiare, lo comprendono ma continuano a reiterare le vecchie abitudini.

Se così non fosse non ci sarebbero fumatori, non ci sarebbero violenti, non ci sarebbero truffatori, non ci sarebbero traditori, non ci sarebbero maleducati. Tutte queste persone adulte, sanno che è sbagliato il loro comportamento, sanno che è nocivo, lo hanno capito, ma continuano a fare come sempre.

Se avviene per molti adulti, figuriamoci i bambini.

Quindi, il tuo tentativo di confronto e spiegazione con quel bambino è stato doveroso, ma non mi sorprende che non abbia sortito effetti.

Allora cosa si può fare? Agire sui suoi genitori chiedendo loro una mano.
Scoprirai che facendolo, alcuni genitori se la prenderanno, alcuni non ammetteranno l’idea che il proprio figlio possa fare cose simili e cercheranno di dirti che ti sbagli (in fondo il comportamento del figlio è un’ovvia conseguenza di genitori di questo tipo), altri genitori, pochi, cercheranno di capire, e cercheranno di intervenire.

Per agevolare questo, è importante il tono che utilizzi nel parlare con i genitori: non devi in nessun modo far trasparire un tono d’accusa nei loro confronti, non deve neppure essere un tono d’accusa nei confronti del loro figlio, deve essere un tono che dice “io ho un problema e ti chiedo una mano” e, in seconda istanza, occorre far passare il messaggio che se non riceverai una mano da loro, sarete costretti a ricorrere alle istituzioni ma non vorresti che entrassero in gioco loro perché poi la cosa non si sa che piega prende e potrebbe sfuggire di mano.

Sì, hai capito bene, con i genitori del bambino è spesso necessario far trasparire una sottile minaccia che dia il messaggio: “pensaci tu, genitore, perché se mi rivolgo allo sportello “bullismo” e tuo figlio viene etichettato come un bullo, poi avrete grossi problemi che preferiamo evitare. Quindi pensaci tu prima che ci debba pensare io”. In poche parole, accoglieranno il tuo messaggio solo se glielo dirai per aiutare loro affinché aiutino te.

2) Le istituzioni

Dopo aver preso in esame il bambino ed i suoi genitori, analizziamo un secondo punto di vista: le istituzioni.

Dopo il tentativo genitori c’è il tentativo insegnanti e preside.

Posso comprendere che l’insegnante che deve badare a molti bambini non si accorga di un comportamento sporadico e occasionale, ma qui stiamo parlando d’altro. Stiamo descrivendo situazioni dove un bambino prende di mira un compagno di classe. Ci si dovrebbe accorgere che qualcosa non sta andando per il verso giusto.

Se tuo figlio ti riferisce che è vittima di comportamenti ripetuti contro di lui, devi immediatamente parlare con l’insegnante.

Tuo figlio potrebbe esagerare la questione, oppure potrebbe inventarsela per attirare l’attenzione ma, in ogni caso, devi allertare l’insegnante perché monitori con attenzione.

Quando una maestra riceve le lamentele di un alunno che segnala gli accadimenti e riceve una segnalazione da parte dei suoi genitori, non può non vedere. Deve prestare attenzione.

Se non avviene? In questo caso, mi spiace, ma occorre fare casino.

Se l’insegnante non vede, minimizza, non interviene, se vede che accadono cose sbagliate e dice semplicemente “adesso basta!” o “smettetela” (tra l’altro, dire smettetela, significa che i colpevoli sono entrambi e quindi non ha capito la situazione nella quale uno è vittima e uno è carnefice) allora si va dal Preside.

Oggi c’è molta più attenzione su questo tema rispetto a quando ero bambino io e, il tema del bullismo, è una questione complicata da affrontare. Proprio per questo, in prima istanza cercheranno di minimizzare, ma non vogliono neppure passi l’idea che il bullismo venga permesso, perché significa, per la scuola, andare in pasticci ancora peggiori nel caso avvengano situazioni irreparabili.

Se l’insegnante non vuole accettare la situazione o si ha la sensazione che cerchi di minimizzare, occorrerà fare una leggera pressione dicendole che si andrà dal Preside a riferire gli accadimenti. Come minimo deve cambiarli di posto e metterli lontani tra loro e deve dare un occhio perché certe cose non si verifichino.

Se si rivelerà necessario parlare con il Preside, anche in questo caso si tenterà di fare pressione ventilando la possibilità di rivolgerti  ai giornali. In poche parole, se non vogliono capire la gravità della cosa, minaccia anche lui, non per il gusto di fare intimidazione ma perché tuo figlio deve essere tutelato e perché non vuoi permettere che questi accadimenti gli tolgano il piacere di andare a scuola.

Tuo figlio subisce ripetuti dispetti

Dopo l’aspetto genitori e dopo l’aspetto istituzioni, veniamo a tuo figlio: cosa dire a lui?

3) Tuo figlio

Il primo invito è sempre quello di rivolgersi alla maestra. Sempre, ogni volta che subisce un nuovo atto di bullismo, deve dirlo.

Poiché spesso mi occupo di pre-adolescenti, sono tentato di  dirti di dargli il permesso anche di recarsi dal Preside. Ma stiamo parlando di bambini delle elementari e non credo che a quell’età un bambino possa uscire dalla classe e recarsi dal Preside per parlare con lui e descrivergli ciò che sta subendo.

Quindi è una opzione da accantonare.

Un’altra cosa che avevo imparato molto bene a fare alle elementari, era diventare amico di coloro che potevano difendermi. Ricordo che nella classe accanto alla mia c’era un bimbo che aveva la fama di parlare poco e di spintonare con facilità e diventammo ottimi compagni di giochi e, il fatto di stare spesso insieme, vicini, giocare con lui, tenne alla larga da me alcuni potenziali attaccabrighe che con me avrebbero avuto la meglio ma che, con lui, ci avrebbero rimesso.

La vita insegna che ha la meglio chi riesce a tessere una fitta rete di relazioni e io l’ho appreso anche attraverso queste esperienze dell’infanzia.

Non puoi dirgli di reagire, può solo trovare chi intervenga, e può essere un altro bambino in sua vece oppure, è auspicabile ed è l’opzione migliore, l’insegnante.

Tu, come genitore, non puoi lasciare nulla di intentato perché la scuola, per un bambino, deve essere un luogo di apprendimento e gioia.

 

Fabio Salomoni