Come motivare i figli? Come si può fare? Gli strumenti motivazionali sono solo due e metaforicamente li possiamo descrivere come il bastone e la carota.

Quindi gli strumenti motivazionali, ciò che spinge ad agire, sono la prospettiva di ricevere qualcosa di bello, di vivere qualcosa di bello, piacevole e allettante, oppure la prospettiva di incappare in qualcosa di brutto, sconveniente, spiacevole o doloroso.

Questi sono gli unici elementi propulsivi per il genere umano.

Alcune persone sono più propense ad agire mosse dal voler raggiungere qualcosa di bello, altre sono mosse principalmente dal voler evitare le situazioni spiacevoli.

Come motivare i figli? Premiare o punire?

Quando i miei figli erano piccini non sapevo ancora se erano maggiormente motivati dall’evitamento del dolore o dal raggiungimento del piacere e quindi, ad esempio, avevamo utilizzato 2 tabelloni, uno che riportava le loro azioni positive, corrette, degne di nota che facevano, ed uno che indicava le loro marachelle, gli errori, le trasgressioni.

A completamento del primo tabellone avrebbero ricevuto un premio mentre, a completamento del 2° tabellone, un loro gioco sarebbe stato gettato via.

In questo modo sollecitavamo la spinta ad agire correttamente sia per raggiungere il piacere di un nuovo giochino (cose da poco, a quei tempi c’erano i Gormiti che acquistavo in edicola, o qualche pacchetto di figurine) sia dal timore di un loro gioco che sarebbe stato buttato e che non avrebbero più avuto a disposizione.

In PNL (Programmazione neuro linguistica) si dice che c’è una predisposizione “Verso” cioè la propensione di essere spinti ad agire dal raggiungimento di qualcosa di allettante, oppure “Via Da” cioè la propensione di essere spinti ad agire dall’evitamento di qualcosa di increscioso.

Lo stesso vale per gli adulti: qualcuno è più propenso ad agire per evitare la ramanzina del capo piuttosto che la lode del cliente.

Non hai idea di quante volte nel coaching di coppia sento la frase “Lo faccio perché altrimenti si mette a gridare e insistere e non mi fa più vivere, quindi per non avere problemi lo faccio così sto tranquillo”.

Quindi sono persone che si muovono, che sentono il bisogno di agire, per evitare la discussione, il problema, il fastidio; poi ci sono tanti altri adulti che invece agiscono e sentono la sollecitazione ad agire principalmente quando c’è la prospettiva di ottenere qualcosa di positivo, una lode, un premio, un’emozione positiva, una gratificazione materiale o emotiva.

Come motivano i genitori?

Quindi, quando vogliamo motivare dobbiamo tener conto di questi 2 aspetti.

Mano a mano che diventano più grandi andremo ad identificare quale propensione avvertono più spesso e quindi cosa, tendenzialmente, li condiziona.

A quel punto non avrai più bisogno di agire su tutti e 2 gli stimoli ma potrai agire solo su quello che tendenzialmente ha più effetto.

Molti adulti sono stati cresciuti da generazioni molto dure, dove se non agivi correttamente c’erano le botte, la punizione severa e si sono create generazioni e generazioni di “via da” cresciute con l’idea che per motivare si dovesse mostrare il bastone minacciando di usarlo: non è l’unico modo per motivare, anzi, si è scoperto come l’allettamento, la lusinga, il rinforzo positivo siano ottimi strumenti motivazionali.

Mi rendo sempre più conto che coloro che non sono a conoscenza di questi meccanismi, inevitabilmente motivano per come sentono che verrebbero motivati e quindi, se su di loro sarebbe efficace “il bastone” o “via da” tendono ad agire nei confronti dei figli con questa metodologia considerandola l’unica valida, con l’uso della minaccia.

Come dico spesso, il genitore “via da” per convincere il figlio a mangiare tutto dice “mangia tutto altrimenti ti porto via il giochino” oppure “ti tengo li seduto fino a che non lo hai finito” oppure “se non mangi tutto chiamo il papà e ci pensa lui” la minaccia dell’arrivo del “papà Orco”; al contrario, il genitore tendenzialmente sensibile al “verso” con ogni probabilità, nella stessa situazione cercherà di motivarlo dicendo “mangia tutto così diventi grande, grosso e alto come il papà”, oppure “mangia tutto così poi andiamo ai giardinetti e giochiamo insieme” e quindi qualcosa di allettante.

Si motiva attraverso il paragone?

Molti genitori provano a motivare i figli attraverso il paragone: “Vedi come è bravo il tuo amico?”, ma il paragonare in sé non è motivante.

Se qualche genitore nota che mettendolo a confronto con qualcuno di valido riesce a motivarlo, in realtà a far scattare la molla è la possibilità di arrivare ad essere come quella persona (atteggiamento “verso”).

Altri, creano confronti con qualcuno che è un pessimo esempio per stimolare i figli a non essere come quella persona e, in questo caso, a motivare è l’evitamento del diventare così (“via da”).

Come motivare i figli? È sbagliato fare paragoni?

Il paragone può essere utilizzato quando si parla ai figli? Usare come termini di paragone gli altri bambini, i parenti, i fratelli o le sorelle è sempre sbagliato: “Guarda Francesco, lui sì che prende bei voti” è una pessima frase che porta solo a generare odio nei confronti di Francesco e si insinua l’idea che il genitore preferirebbe avere Francesco come figlio.

Con frasi di questo tipo i figli si sentono rifiutati, non amati, non accettati quindi non è mai una frase corretta. “Guarda tuo fratello, lui si che è composto a tavola” significa dire a quel bambino/a che suo fratello è migliore di lui/lei e un genitore non deve mai dare indicazioni di questo tipo.

Quindi si deve bandire il paragone? No, si può usare il paragone tra ciò che il bambino era e ciò che è: “Una volta non sapevi scrivere e ora lo sai fare, quindi se ti impegni riesci a imparare le cose nuove e sei anche bravo” ecco, questo paragone tra ciò che sapeva fare e ciò che ha imparato può essere uno stimolo utile, utilizzabile e positivo.

Purtroppo molti genitori usano questo tipo di confronto in negativo “una volta ti si poteva parlare e ascoltavi, ora credi di sapere tutto e non dai retta a nessuno” quindi il messaggio in questo caso equivale a “ti sei guastato”, eri ok e con il tempo, crescendo, non lo sei più e non ci vai più bene.

Un’ultima cosa: capisco il bisogno di molti genitori di essere da stimolo per i propri figli, ma teniamo conto che ognuno ha i propri tempi.

Occorre stimolare ma non forzare, perché si otterrebbe l’effetto opposto.

 

Fabio Salomoni