La pazienza.
La parola pazienza ha origine dal latino volgare “patire”.
La pazienza è la capacità dell’essere umano di rimandare la propria reazione alle avversità, mantenendo nei confronti dello stimolo un atteggiamento di controllo.

Quindi, avere pazienza, significa avere una avversità, un problema, una situazione frustrante ed essere in grado di gestire la situazione con ascetismo, gestendo lo stato d’animo, mantenendo la concentrazione e il controllo.

Ora, detto così, ti sembra cosa da poco?

Cioè, la capacità di rimandare la propria reazione di frustrazione o rabbia dovute alle avversità, mantenendo un atteggiamento neutro, ti sembra cosa da poco? Molti adulti non sono in grado di esercitare questo controllo, quindi, perché pretenderlo in un bambino dove, oltretutto, il concetto del tempo non è ancora perfettamente sviluppato?

In che modo allenare alla pazienza?

Una cosa che si può fare per allenare i figli alla pazienza è fare insieme a loro dei giochi di pazienza come, ad esempio, il ricostruire un puzzle di tanti pezzi.

È certamente un modo per allenarsi a ottenere il disegno finale con tempo e autocontrollo. Non aspettarti di terminare il puzzle in un’unica volta. All’inizio imposta una sveglia dopo pochi minuti per smettere, e di giorno in giorno allunga il tempo di gioco da dedicare al puzzle.

In questo modo alleni la pazienza dedicandovi ad un gioco di pazienza e, la alleni, aspettando la sessione successiva da dedicare al puzzle.

Come ottenere la pazienza?

Giacomo Leopardi disse che la pazienza è la più eroica delle virtù, proprio perché in apparenza non ha nulla di eroico.

Ho scritto diverse volte che siamo nell’era del “tutto e subito”.

La maggior parte dei genitori, ai propri figli, ripetono spesso “sbrigati”, “fai presto” “sveglia” e contemporaneamente dicono “stai calmo”, “abbi pazienza”, “sii riflessivo”:

Sii calmo con fretta
Sii rapido con tranquillità
Un controsenso. Complicato.

Probabilmente, il problema non è la mancanza di pazienza del bambino.

Il problema è che noi genitori vorremmo che i nostri figli fossero sempre sereni, felici, pacifici e, quando urlano disperati perché non riescono a trovare il risultato della divisione, ci si strazia il cuore, quando gettano a terra con rabbia il gioco che non riescono a montare ci spiace per la loro delusione, vorremmo rasserenarli ma non sappiamo come riuscirci.

Si manifesta a pieno la nostra empatia per la loro frustrazione e stiamo male.

Eppure, la delusione, la frustrazione e l’amarezza fanno parte delle emozioni dell’essere umano. Sono nel contenitore di ognuno di noi, non dobbiamo temerli.

Se il bambino non vivesse mai una delusione, non saprebbe cosa accade quando si è in difficoltà, e non saprebbe crearsi una strategia per affrontarla, con terribili conseguenze quando arriverà ad essere adulto.

Come comportarsi con un bambino impaziente?

Stimolare un figlio alla gestione della rabbia e della frustrazione, come fare? Come accompagnare il figlio nel costruire una propria pazienza?
Sono queste le domande che ci poniamo per poter essere d’aiuto.

Innanzitutto, evitando di rifiutare gli stati d’animo dei figli.
È arrabbiato? Va bene. Insegniamogli a riconoscere che è arrabbiato e a capire che se è arrabbiato è perché avrebbe potuto fare di più o meglio.

Cos’altro?

Abituiamoci, attraverso delle domande, ad accompagnare i figli durante le loro manifestazioni.

Da una parte esercitiamo un’accettazione del loro sentire, di quello che stanno provando: “Vedo che sei arrabbiato e lo capisco. Forse lo sarei anch’io”.

Esprimere empatia.
Evitare di dire che “non c’è motivo per arrabbiarsi così” perché non è un buon insegnamento affermare che le emozioni si sbagliano: sarebbe un insegnamento all’anestesia emozionale.

Poniamo domande.
Con calma, mostrando di avere pazienza rispetto al loro comportamento. Poniamo domande che accompagnino il figlio nel suo percorso di apprendimento: “Cosa ti fa arrabbiare?” e la risposta sarà con ogni probabilità “perché non ci riesco” e qui inizia la nostra opera educativa di insegnamento: “Ti arrabbi perché ci tieni? Ti arrabbi perché è importante per te riuscire a farlo?” ed ecco che stiamo iniziando a collegare l’emozione a un messaggio che l’emozione ci sta dicendo, ed è un messaggio positivo.

Quanto è motivato ad essere paziente?

Altro aspetto a mio avviso importante è: quanto ci tiene a portare a termine il suo lavoro?

Spesso non viene preso in considerazione ma, la motivazione, è un alleato della pazienza o meglio, della perseveranza.

Ha desiderio di montare quel gioco, ma se non riesce e vive un dispiacere, può dedicarsi ad altri giochi, ecco che con ogni probabilità smetterà di provarci e abbandonerà ogni tentativo.

Se quel gioco lo deve assolutamente montare perché ha promesso al suo amico di averlo pronto per quando verrà a casa vostra, ecco che, nonostante la rabbia di non trovare una soluzione, proverà e riproverà.

Ecco perché, quando si fanno le domande, è necessario scoprire perché sia importante per il bambino portare a termine il proprio compito.

Fai sentire tuo figlio straordinario

Io non ho mai avuto il bisogno di essere il Sole dei miei figli e, spesso, dichiaravo apertamente la mia incapacità per stimolare loro a trovare una soluzione.

Quindi un’altra possibile soluzione per stimolare la pazienza nei figli, è manifestare la nostra totale fiducia nella loro capacità, associando le affermazioni ad una nostra dichiarazione di incapacità: “In effetti è difficile. Io non credo che ci riuscirei, ma tu sei più bravo di me, e sono certo che saprai trovare la soluzione giusta”.

Infine, come sempre, non dobbiamo aspettarci che una frase detta una volta risolva immediatamente una propensione del bambino all’impazienza che magari lo accompagna da anni.

Il modo migliore per insegnare la pazienza ai figli è essere a nostra volta pazienti.

 

Fabio Salomoni