Motivazione nei ragazzi. Nella parola stessa c’è tutto il significato legato alla motivazione: motiv-azione, un motivo per cui fare azione.

Ho avuto modo di partecipare a molti corsi di grandi formatori nel campo della crescita personale e della motivazione e una delle frasi ricorrenti è: “Se hai un valido motivo, deciderai di farlo”.

Ognuno di noi si occupa anche di cose che non vorrebbe fare, fa anche cose per le quali non si sente particolarmente motivato ma, se le fai, significa che una motivazione c’è, un obiettivo c’è, qualcosa ha spinto all’azione.

Le spinte che motivano gli adolescenti

Inizio subito con il dire quali sono le 2 grandi forze motivazionali per ogni essere vivente: il bastone e la carota.

Le persone sono motivate dal voler raggiungere qualcosa che desiderano, che vogliono, che dà loro piacere, che soddisfa un bisogno, che segue un proprio ideale, oppure le persone sono motivate ad agire per evitare un dolore, per evitare una critica, per non subire un rimprovero, per non venire visti come persone sbagliate o di scarso valore.

Le due forze motivazionali che ci spingono ad agire sono “la ricerca del piacere” e “l’evitamento del dolore”.

In PNL, programmazione Neuro-Linguistica, vengono studiati i Meta-programmi, cioè l’attitudine di ogni persona ad agire in un certo modo e, quelli legato alla motivazione, vengono chiamati “via da” oppure “verso” cioè via dal dolore, dal dispiacere, da ciò che porterebbe a provare sensazioni fastidiose o potenzialmente pericolose, oppure “verso” il piacere e ciò che si desidera.

Tutti abbiamo questi 2 programmi dentro di noi. Alcune persone sono tendenzialmente più propense ad agire per evitare il dolore, il dispiacere, la paura di qualcosa di spiacevole mentre altre persone sono spesso mosse dal desiderio di ottenere, di avere, di raggiungere ciò che li fa stare bene.

Gli adolescenti non hanno le tue motivazioni

Ogni volta che parlo di comportamento umano ricordo alle persone che, purtroppo, si tende a pensare che come siamo fatti noi sono fatti anche gli altri. Di solito, persone che tendono ad essere motivate dal raggiungimento del piacere tendono a motivare gli altri prefigurando il raggiungimento del piacere, magari promettendo dei premi ma, se la persona con cui hai a che fare ha una tendenza, a sentirsi motivata dall’evitamento del dolore, tutto ciò che dirai e proporrai farà smuovere ben poco perché riterrà il fine poco stimolante.

Lo stesso vale al contrario: molte persone che tendono ad agire per evitare problemi quando devono stimolare all’azione gli altri agiscono sul ricatto, sull’intimidazione, sul descrivere agli scenari peggiori a cui si andrà incontro non agendo. Peccato che, se l’altra persona è tendenzialmente mossa maggiormente dalla ricerca del piacere, tutto quel “terrorismo psicologico” ha ben poco successo.

Non dobbiamo motivare per come ci sentiremmo motivati noi, ma dobbiamo motivare in base a ciò che stimola gli altri.

Motivare i figli allo studio

Quando i genitori mi contattano e mi parlano di motivazione e figli, molto spesso mi si parla di scuola, di studio, dei compiti etc.

Come avrai capito, è difficile che studino se non hanno un valido motivo per farlo. Questo a mio avviso dovrebbe essere uno dei compiti degli insegnanti: l’insegnante dovrebbe sapere perché è importante conoscere la propria materia e dovrebbe trasmetterlo agli alunni perché scatti in loro il desiderio di apprendimento.

Una sera, a cena, ho chiesto ai miei figli cosa li spingesse a studiare tanto e con ottimi risultati. Ciò che emerse fu molto interessante: a mio figlio Alessandro, la spinta è il futuro. Vuole conseguire ottimi voti per poter avere un ruolo importante nella vita, nel lavoro, poter contribuire in modo valido grazie alle sue conoscenze (faccio notare che sono tutte motivazioni “verso”). Diversamente, mia figlia Giada disse di studiare perché non vuole fare brute figure quando la interrogano, si indispettisce quando altri prendano voti migliori dei suoi e da piccola non poteva accettare di prendere voti più bassi del fratello e chiedeva “ma tu, quando avevi la mia età, quanto prendevi nella tal materia?” (faccio notare che lo sprone per Giada è tendenzialmente “via da”).

Queste sono motivazioni intrinseche poiché loro stessi hanno dentro di sé dei motivi che li spingono ad agire per studiare con profitto.

Per motivarli devi scoprire cosa è importante per i tuoi figli.

Come funziona il cervello dell’adolescente

Nell’adolescente ci sono delle zone del cervello particolarmente attive, più che in età adulta, e ci sono zone del cervello che non sono ancora sviluppate e quindi, alcune azioni che per gli adulti sono ovvie e normali, per l’adolescente sono complicate e richiedono un notevole sforzo.

Ad esempio il rischio, per la maggior parte degli adolescenti, è una fonte di grande attrattiva. Per “rischio” intendo sia il violare le regole, piccole o grandi, sia l’avere comportamenti rischiosi come l’abuso di alcool o di droghe.

Perché avviene? Perché la zona del cervello chiamata Corteccia Prefrontale non è ancora sviluppata completamente, ed è una zona che si occupa anche di valutare i rischi e pianificare il futuro. Al contrario, è molto attiva la zona cerebrale chiamata striato che è particolarmente sensibile alla stimolazione del piacere legata alla dopamina. Con queste condizioni cerebrali, gli adolescenti tendono ad agire per riuscire ad avere una ricompensa di piacere nel breve.

Questo porta gli adolescenti a cercare continuamente qualcosa di nuovo che sappia eccitare la gratificazione attraverso la dopamina ma, questo loro bisogno viene spesso interpretato dai genitori come un tentativo di ribellione contro noi adulti.

Spesso non è così e, la ricerca delle novità, è ciò che permette ai ragazzi di mettersi alla prova per sperimentare le proprie capacità e il proprio grado di autonomia.

Una scoperta relativamente recente ha rivelato che il cervello degli adolescenti tende a considerare principalmente i pro e a minimizzare i contro su ciò che vogliono fare. Ciò avviene proprio per la scarsa capacità della corteccia prefrontale di valutare i rischi e induce spesso a comportamenti avventati.

Qualche tempo fa una mia amica mi raccontò che sua figlia, adolescente, uscita da una festa tra amici in centro a Milano, ha chiamato un taxi per farsi accompagnare a casa ma, dato che nessuno rispondeva, è entrata in un bar e ha chiesto aiuto; un ragazzo si è offerto di accompagnarla a casa in auto e lei ha accettato. Non è successo nulla di negativo ma, solo a sentirle raccontare l’accaduto, mi si accapponava la pelle: salire in auto di uno sconosciuto che potrebbe portarti chissà dove a fare chissà cosa, pura follia. Cosa ha indotto la ragazza ad agire così? Con ogni probabilità, l’incapacità di valutare e considerare la pericolosità del gesto considerando solo i pro che stava ottenendo (“che bello, ho trovato un passaggio, non devo aspettare, in un baleno sarò a casa, ma guarda com’è gentile questo ragazzo, ho anche risparmiato i soldi del taxi…etc”).

Il grande problema è che gli adulti cercano di motivare i figli o gli alunni stimolando interessi che non sentono propri: “Studia così troverai un buon lavoro” ma all’adolescente il buon lavoro non interessa, interessa all’adulto. “Studia perché è importante per il tuo futuro” ma all’adolescente non importa nulla del futuro perché gli interessa la gratificazione a breve termine.

Molti genitori non si capacitano per alcuni comportamenti dei figli ma, non è una questione di volere o non volere, bensì una questione di sostanze chimiche e stimolazioni nel cervello.

La gratificazione per motivare gli adolescenti

Se la scuola vuole fare un cambio di passo, deve iniziare ad accorgersi che ci sono questi processi cognitivi.

Capisci che, dopo quel che hai letto, se un bambino o un ragazzo, studia con grande passione perché sente una motivazione interiore, intrinseca, nel voler primeggiare, o voler fare bella figura, o per il piacere di sapere le cose e quando consegna il proprio lavoro si sente dire “Hai fatto tutto bene, ma ti do solo 7 (o 8) perché per te è semplice…” oppure “…perché io non do più di 8” ecco che quell’insegnante ha ucciso la produzione di dopamina del/la ragazzo/a.

Quell’insegnante (ma anche quando agisce in modi simili un genitore) ha fatto esattamente il contrario di quel che fanno i giochini elettronici che stimolano i centri del piacere, anzi, ha attivato la frustrazione.

Se poi parliamo di un alunno con difficoltà o non troppo motivato che sporadicamente riesce a fare meglio del suo solito e l’insegnante non gli scatena una scarica di dopamina valorizzando lo sforzo che ha profuso, quel docente ha perso un’occasione per fare in modo che quel ragazzo studi ancora e con maggior profitto.

L’effetto pigmalione sulla motivazione dei figli

Dovresti aver compreso perché è importante lodare, gratificare, ringraziare, fornendo al cervello dei ragazzi stimoli positivi che innescano la produzione di dopamina la quale dà loro uno stato di benessere e felicità.

Si è visto che nei figli ai quali vengono inviati messaggi di fiducia riguardo le loro capacità, tendono a rispondere ripagando di tale fiducia.

Lo studio più famoso ha rivelato l’effetto pigmalione. Si è visto che l’elevata aspettativa degli insegnanti realmente convinti che i propri alunni avessero capacità sopra la media ha fatto sì che gli studenti raggiungessero risultati sopra la norma.

Questi insegnanti, convinti di avere a che fare con alunni particolarmente dotati, li hanno trattarti con maggiore cura e rispetto, li hanno stimolati con impegno e li hanno considerati “speciali”. Questo ha fatto sì che ragazzi del tutto normali raggiungessero risultati maggiori di tutte le altre classi.

Cosa ci insegna questo studio? Che se i genitori e gli insegnanti CREDONO nei figli e negli studenti e si dedicano all’insegnamento e all’educazione con maggiore passione, ottengono grandi risultati ma, al contrario, se non ci si crede, si ridimensionano le loro opportunità per il futuro.

Fino a che gli adulti continueranno a fornire stimoli sbagliati, non riusciranno ad innescare la motivazione dei propri figli e degli alunni.

 

Fabio Salomoni