Mio figlio non si impegna a scuola! Quante volte abbiamo sentito questa frase! Tra pochi giorni riprendono le scuole e per molti genitori inizia l’angoscia dello studio, dei compiti, dei interi pomeriggi trascorsi ripetendogli di studiare la poesia.

Nella testa di un genitore c’è l’idea che il proprio figlio debba essere o diventare qualcuno di speciale, perché si ha la convinzione che questo lo renderà una persona felice.

Per questo i genitori, durante il periodo scolastico dei propri figli, ritengono un brutto voto, un compito non eseguito, un’interrogazione fallita, gravi minacce per il futuro dei figli.

Inconsapevolmente iniziano ad assillarli fino allo sfinimento, creandogli così il ribrezzo verso lo studio.

I bambini adorano giocare e divertirsi e più fai percepire loro lo studio come un “lavoro” di impegno, sacrificio e fatica e più si rifiutano di studiare.

Credi veramente che gli insegnanti delle elementari (… la maggior parte di essi…) non sappiano con quale gradualità assegnare i compiti e quanti darne?

Il genitore, di solito la mamma, ripete 2000 volte al figlio “Studia, fai i compiti, studia, Impara la poesia, studia” ed in questo modo si sostituisce al bambino nell’assumersi le responsabilità dello studio e nel crearsi la capacità di organizzare l’impegno scolastico. È corretto controllare, ma non puoi trascorrere ore e ore a inseguirlo come un gendarme e a stressarlo.

Mio figlio non si impegna a scuola! Perché non ha voglia di studiare?

I genitori ripetono spesso la frase “mio figlio non si impegna a scuola”, ma senza sapere quali, a mio avviso, possano essere i 2 grandi problemi che determinano le difficoltà scolastiche dei bambini:

1) le famiglie

2) gli insegnanti

Le famiglie: molte famiglie considerano lo studio un lavoro.

Le frasi che spesso sento quando i genitori si rivolgono a me sono: “Io vado al lavoro e lui va a scuola!”, “Io fatico e mi impegno al mio lavoro e lei deve faticare e impegnarsi nello studio!”.

Il concetto lo capisco ma non è accattivante. Inizierei con il paragonare lo studio a cose divertenti e non allo stress del lavoro: “Io mi impegno quando vado a giocare a calcetto e tu ti impegni quando vai a scuola”.

La scuola deve essere divertimento. I genitori devono passare un messaggio di gioia quando si parla di scuola, non la si dovrebbe associare al sacrificio e all’oppressione.

Altro problema legato alle famiglie è che in molte case non c’è un esempio genitoriale allo studio, alla lettura.

Se il padre dopo una giornata di lavoro si deve distrarre un paio d’ore con i videogames, come puoi dire a tuo figlio che non deve giocare anche lui con i video giochi?

La sera spegniamo la TV e leggiamo un bel libro. Facciamolo diventare un’abitudine e i figli troveranno che avere un libro in mano sia normale.

Gli insegnanti: l’obbligo del programma scolastico e di dover raggiungere degli obiettivi, fa sì che vadano sempre più veloci.

Il bambino portato allo studio, con uno spiccato interesse per la scuola, non ha alcun problema a seguire, ma chi ha un po’ più difficoltà, si trova indietro, non riesce a stare al passo ed arranca, ricevendo più rimproveri che elogi.

Il punto è proprio questo. I bambini devono essere messi nella condizione di poter ricevere elogi. Devono poter ricevere tanti “bravo/a” ad ogni fase appresa. In questo modo assoceranno lo studio a qualcosa di piacevole e gratificante e desidereranno applicarsi di più e con maggiore impegno.

Quando vado nelle aziende dico che “Le persone valgono più delle regole” e agli insegnanti dico che “i bambini valgono più del programma”.

Insegnanti elogianti e genitori “esempio” daranno vita a bambini che adorano andare a scuola

Mio figlio non si impegna a scuola! Non scrive i compiti sul diario.

Nei primi tempi ero inorridito quando le maestre iniziarono a far scrivere ai bambini i compiti sul loro diario.

Ogni figlio tornava a casa avendo scritto compiti differenti dai propri compagni. Alcuni tornavano con pagine immacolate e se chiedevi spiegazioni la risposta era “Bho”.

Poi ho capito.

È totalmente inutile che i genitori inizino il giro di telefonate e chat per comparare i diari dei figli.

È antieducativo perché quei ragazzini devono imparare a segnare i compiti correttamente e portare il materiale giusto.

Se non lo fanno?
Prenderanno una sgridata, oppure una nota. Qual è il problema?

Serve per creare il senso di responsabilità, per accettare che ad ogni azione corrisponda una conseguenza, e se la cartella la prepara o la controlla la mamma, il ragazzino quand’è che imparerà a farlo in autonomia? Alla maturità?

Non ha imparato la poesia perché ha preferito bighellonare? Allora in casa c’è un problema di definizione di regole e di stabilire un chiaro equilibrio di premio-sanzione… senza isterismi e urla.

Lascia che affronti le conseguenze, che non potrebbe vivere se continuerai a fare il gendarme. Metti da parte la solita frase “Mio figlio non si impegna a scuola”, perché non lo aiuterà in questa fase.

Lascia che cresca.

Se non si impegna e vuoi aiutarlo, se ti rendi conto che non si riesce a determinare le regole di casa, se è complicato agire nel premiare o sanzionare, contattami, e cerchiamo una strategia che possa aiutarti.

Hai la necessità di acquisire strumenti nuovi ed utilizzarli con costanza, pazienza e dedizione per stimolare la sua motivazione.

È una costruzione quotidiana, e non può essere lasciata al caso.

 

Fabio Salomoni